martedì 16 agosto 2011

La pertigara e 'l pertigaro

In dialetto osimano, i vocaboli pertigara e pertigaro indicano l'aratro, ossia quello strumento agricolo indispensabile per l'aratura dei campi; 'arare un campo' in vernacolo si dice (o róppe) el sodo. Ecco uno schema che rappresenta le varie parti dell'aratro, seguito dai rispettivi nomi in dialetto e in lingua.

1. La récchia (versoio) - serve a rovesciare lateralmente la zolla;
2.
La gumièra (vomere) - taglia la zolla in profondità;
3.
Lu scarpello (scalpello) - coadiuva il vomere;
4.
El cóltro (coltello) - taglia verticalmente la zolla.

Nel nostro dialetto, l'aratro assume i suddetti nomi in base alla grandezza e al materiale da cui è ricavato:
- la pertigara (anche detta pertegara) è un tipo di aratro medio-grande, con vomere, versoio e coltello sorretti da una struttura in legno: tale struttura si compone di un manubrio, governato dal contadino che effettuava l'aratura, e di un telaio, al quale venivano aggiogate una o più coppie di buoi (i bô) o di mucche (le âcche);
- el pertigaro (anche detto pertegaro o cultrina, al femminile) è un tipo di aratro più piccolo, fatto interamente di ferro o di acciaio, che oggi si trova spesso agganciato ai trattori in versione polivomere, cioè con più gumiere disposte sulla stessa fila; altre varianti diffuse sono il ripuntatore (lu ripuntadore), che prevede anche un coltello posteriore, e l'aratro reversibile (el voltarecchie), composto da due aratri ribaltabili, simmetrici l'uno all'altro.
- el pertigaró (termine meno diffuso) è, invece, una pertigara di grandi dimensioni.













Sopra, una vecchia cultrina con ruote;
sotto, un
voltarecchie a tre vomeri.
Aratura eseguita con la pertigara (dalla Storia di Osimo di Carlo Grillantini).

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